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Criscuolo Enrico

Il vagabondaggio e la mendicità secondo la legislazione penale italiana. Studii critico-legali

Napoli, Stab. Tip. Dell'Ancora, 1870

In 16, pp. 100. Mancanza all’ang. sup. est. del p. ant. Dedica autogr. dell’A. al p. ant. parzialmente mancante. Br. ed. Studio giuridico sul vagabondaggio nella legislazione penale italiana. Chiarisce l’A.: "il carattere giuridico ed esterno dell’ozio o della inerzia politica penalmente condannabile è il delitto che presso tutte le legislazioni antiche e moderne portò la rubrica di reato di vagabondaggio […] Il nostro Codice ritiene vagabondo chi non ha domicilio certo, né mezzi di sussistenza, né esercita abitualmente un mestiere od una professione". Proprio in relazione a quest’ultimo punto, Criscuolo lamenta "la poco seria e scrupolosa valutazione di cosiffatto estremo per parte dell’autorità giudiziaria", poiché chi non lavora spesso non lo fa per ozio e mancanza di volontà, ma per l’effettiva mancanza di lavoro: "oggi l’onesto operaio non è sicuro del quotidiano sostentamento pe’ figli, non è certo che col ritratto delle proprie fatiche sopperisca alle esigenze vitali. E quel n’addolora vieppiù sovra ogni altro gli è questo, che dai reggitori della pubblica cosa né si pensa, né si è in grado colla iniziativa governativa provvedere a siffatto bisogno, e provvedervi in un tempo più o meno lontano!". Criscuolo parla, per l’arresto per il reato di vagabondaggio, di "pena atroce" che atterrisce e non emenda: il colpevole è un miserabile "abbandonato dalla società e perseguitato dalla legge".

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