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ANONIMO

Remonstrance a’ Messieurs de la Cour de Parlement sur le parricide commis en la persone du roy Henry Le Grand

s.l., s.e., 1610

In 16, pp. 28. Br. coeva. Libello antigesuitico pubblicato subito dopo il regicidio Henry IV Le Grand, avvenuto per mano di Ravaillac. Questi, fanatico cattolico, perseguitato da visioni, si convinse che il Re volesse far guerra al Papa. Decise di ucciderlo, cosa che fece il 14 maggio 1610 in Rue de la Ferroviere, pugnalandolo sulla sua carrozza. Durante il processo, nonostante le torture cui fu sottoposto, non rivelò di avere altri complici. Morì il 27 maggio, squartato da 4 cavalli, tra atroci torture. Subito dopo si scatenò una feroce diatriba tra coloro che indicavano i gesuiti come i mandanti del regicidio, e i gesuiti che, con alcuni scrittori come il Mariana, Coton e il Bellarmino, arrivavano addirittura a sostenere la legittimità del tirannicidio quando il sovrano fosse eretico o senza una forte convinzione religiosa. Quando il 6 giugno il parlamento emanò un "arret" che condannava il tirannicidio, iniziò la lunga querelle portata avanti a forza di libelli, perlopiù anonimi quelli antigesuitici, con autore dichiarato invece quelli redatti dalla Compagnia. Il primo a comparire è proprio questa "Remostrance" con la quale si afferma che la mano di Ravaillac fu armata dai buoni padri. Tornando però al regicidio di Ravaillac, occorre considerare che se in ogni infrazione c?è un crimen majestatis e nel più infimo dei criminali un regicida in potenza, il regicida a sua volta è il criminale assoluto. Invece di fare la lotta al potere, attaccando la volontà del potere sovrano, egli ne attacca il principio nella persona fisica del Principe. La punizione ideale per il regicida dovrebbe formare la somma di tutti i supplizi possibili: la vendetta infinita. Non esistendo una pena specifica per questo reato, per Ravaillac era stato necessario inventarla, combinando tra loro le più crudeli. Lo stesso accadrà nel 1757 a Damiens, fallito regicida di Luigi XV. Si può persino considerare che queste due atroci esecuzioni rappresentarono una moderazione dell?efferatezza della vendetta del potere, paragonata all?esecuzione dell?omicida di Guglielmo d?Orange nel 1582, durata addirittura 18 giorni. Cfr. Foucault, Sorvegliare e punire, p. 58. Duchini, Faire voir, faire croire, pp. 90-91.

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