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Anonimo

Leggi e costituzioni di Sua Maestà. Loix et constitutions de sa majestè. Tomo primo (-secondo)

Torino, Accademia Reale, Appresso Gio. Battista Chais Stampatore, 1729

2 volumi in 8 (cm 18,5 x 25), pp. 480; 505 + (1 bianca). Stemma sabaudo inciso in xilografia ai frontespizi. Annotazioni di possesso manoscritte alle prime carte bianche. Legatura coeva in piena pergamena con mancanze ai dorsi di entrambi i volumi, mancanze alle carte di sguardia. Titolo manoscritto ai piatti. Testo in italiano/francese su doppia colonna. Seconda edizione di questo corpus legislativo emanato da Vittorio Amedeo II nel 1723, in prima redazione, e poi sostanzialmente confermato nelle due edizioni successive, la nostra – del 1729 – e quella ancora posteriore del 1770. Questa nuova compilazione partì per riformare solamente la materia processuale, per sveltire la giustizia semplificando le norme, ma poi finì con il ritoccare anche altri ambiti restituendo un testo completamente riscritto. Si tratta dell’ossatura della “piena affermazione dell’accentramento statale sabaudo e ne restano l’emblema. Se, in fin dei conti, gli stessi codici albertini dipendono dal modello francese, le settecentesche ‘Regie Costituzioni’ affermano già appieno ed in modo autonomo la statualità del diritto e le peculiarità del diritto sabaudo rispetto a quello degli altri stati. Esse restano nel sistema del diritto comune, ma ne preannunciano il superamento da parte di un legislatore ormai sin troppo sicuro di sé, completamente libero da condizionamenti, assoluto nelle sue scelte. Nel 1723 la prima edizione ammette ancora il richiamo alle opinioni di quei “dottori”, che per secoli hanno fatto vivere e progredire il sistema, ma che sono ormai accusati di causarne l’oscurità e la lentezza. Dal 1729 ciò è però vietato. Il giurista non può più ricorrere alla loro mediazione, ma – se manca la disciplina “patria”, legislativa o giurisprudenziale – deve richiamarsi solo e direttamente ai testi del Corpus iuris civilis o canonici. In nome di una semplificazione e di una rapidità tutte da verificare, si toglie ad un sistema secolare la sua linfa vitale. Gli indubbi abusi dilatori e dispersivi di citazioni poco pertinenti hanno indotto il re-legislatore ad una potatura fin troppo radicale: si salvano al massimo solo i decisionisti o commentatori del diritto patrio, che possono essere l’unico ponte indiretto con la scienza giuridica da loro riportata…” (Gian Savino Pene Vidari, “Legislazione e giurisprudenza nel diritto sabaudo” in “Il diritto patrio tra diritto comune e codificazione (secoli XVI-XIX). Atti del convegno internazionale”, 2004, p. 208-209).

SKU: 55 n.1315

250,00 €

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