In 16, pp. 69 + (1b) + VIII. Dedica autogr. dell’A. all’occhietto parzialmente abrasa. Occhietto brunito con aloni. Br. muta coeva. Al p. ant. è applicato il p. ant. orig. pur con mancanze. Ed. orig. di questa importante opera del Colajanni, che raccoglie una serie di articoli precedentemente pubblicati su rivista. L’A. fu avversario energico ed irriducibile delle tesi antropologiche lombrosiane a proposito della mafia contro le quali si scaglia in quest’opera, contestando in particolare la teoria dei criminologi contemporanei, secondo i quali i climi caldi determinerebbero reati di sangue, e il principio di "distribuzione geografica della delinquenza". Se così fosse – sostiene – in Sicilia prevarrebbero i delitti di sangue, mentre i reati contro la proprietà sarebbero più diffusi al nord, cosa che si dimostra non essere vera (a Palermo spetta infatti il primo posto nei reati contro la proprietà). Se inoltre la frequenza dell’omicidio è posto in relazione al clima, e al caldo, ci si aspetterebbe di trovare un’alta percentuale di casi di omicidio in Algeria, rispetto ad esempio alla Sicilia, cosa che, di fatto, non avviene. Nella prima parte dell’opera l’A. constata come l’Italia abbia il primato della delinquenza in Europa e fornisce una serie di dati statistici relativi ai reati d’omicidio commessi per centomila abitanti dal 1867 al 1870 (in questa classifica Basilicata, Abruzzo e Molise sono al primo posto, segue poi la Sicilia che però sale al primo posto nei reati commessi fra 1872 e ’77). Segue poi una classifica per città divisa sulla base della tipologia del reato (omicidii, ricatti, estorsioni con omicidio, furti, reati contro la proprietà). Colajanni passa quindi ad analizzare le condizioni di vita dei contadini siciliani individuando nell’analfabetismo "una delle vere cause efficienti della delinquenza in Sicilia e nella Conca d’Oro". L’altra causa va invece ricercata "negli antecedenti politici di Palermo e dell’intera isola" sulla quale non sembra essere spirato il soffio della rivoluzione francese. L’isola, infatti, sembra ancora dominata, in pieno Ottocento, da un tipo di struttura politico-sociale di stampo medioevale. All’interno del volume sono conservati 6 fogli (cm 15 x 19,5) vergati a mano al solo recto, contenenti un riassunto dell’opera e interessanti considerazioni critiche di Pasqualino Vassallo (la cui firma autografa è apposta in calce). Vassallo (1861-1928), avvocato e politico, fu Ministro delle Poste e Telegrafi nel governo Giolitti del 1920. All’avvento del Fascismo fu compreso nel Listone ed eletto alla nuova Camera dei Deputati (1924) con Mussolini.
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