In 4, pp. (30); (30); (12); (12) + (8) ; (44); (22); (20); (8); (20); (44). Br. rifatta. Raccolta di memorie relative al giudizio per l’efferato omicidio della moglie dell’imputato e di una sua vicina, con seguente tentativo di incendio della casa al fine di eliminarne le tracce. Questo l’incipit del giudice relatore nel ristretto del processo: "Avido di sangue umano il tivolese carrettiere padronale Benedetto Nobili, uomo di circa 40 anni statura piuttosto alta e di feroce aspetto, se ne reso talmente sitibondo che mai dissetato a sufficienza aumentava sempre la sua ferocia". Nella notte del 2 settembre 1800, a causa di un alterco, Benedetto Nobili diede dodici coltellate alla moglie. Non pago, appiccò il fuoco al fieno conservato in soffitta. Caso volle che una vicina, comare dell?assassinata, si accorgesse dell’incendio e si precipitasse nell’abitazione dell’amica. Lì incontrò il Nobili che, per coprire il suo misfatto, diede alla sventurata altre 27 coltellate. All’arrivo della pattuglia chiamata dai vicini, il disgraziato disse che le due donne erano state uccise da "due incogniti entrati in casa per rubare". Da ultimo tentò anche la fuga, passando attraverso il giardino di un ecclesiastico a cui richiese una serie di messe per l’anima della defunta. Infine venne tratto in arresto appena in tempo perché non fosse assalito dalla folla inferocita. Durante il processo venne rilevato che la causa dell’alterco fu la vendita di un fondo di proprietà della moglie così come fu rilevato che alcuni parenti dell’inquisito fossero morti suicidi. La stessa perizia presentata dalla difesa e diversi precedenti specifici attestarono che il Nobili fosse pazzo. Inoltre molto venne speso per provare che il delitto del Nobili non cadesse nel novero dei delitti atrocissimi e che quindi non potesse farsi uso dei tormenti se non di quelli comuni.
SKU: cat. n.22
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